Paolo Crepet senza filtri: “Sinner bravo perché ha perso. Trump sta uccidendo il pensiero. L’orientamento sessuale? Non mi interessa”

“Traggo motivo per parlare in pubblico della libertà di pensiero in questa occasione che non vorrei chiamare spettacolo, perché è un termine che mette insieme il comico come il rapper, come uno Shakespeare. Mi sembra insomma una definizione un po' troppo generica, quindi preferisco usare altri termini, forse anche banali, ma non spettacolo, che dà l'idea di uno che fa lo showman e questo non sono io”. Il tema della libertà di pensiero, oggi sempre più limitata da schemi ideologici, autocensure e nuove forme di controllo esplicite e invisibili, è al centro del nuovo saggio “Il reato di pensare” che Paolo Crepet pubblica il 17 giugno per Mondadori. Lo psichiatra, sociologo e scrittore presenta queste sue tesi il 20 giugno alle 21 al Teatro San Rocco di Seregno in uno degli eventi di punta de La Milanesiana, la rassegna ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi.
L’occasione offre a Crepet il destro per denunciare, attraverso una riflessione profonda, come il pensiero libero, la creatività e l’immaginazione siano messi in pericolo da un sistema che tende a frammentare, inibire e normalizzare le idee. Il reato di pensare si trasforma in un modo per tene re alto il valore dell’originalità e della disobbedienza intellettuale. Un monito contro chi vorrebbe imporre dogmi ideologici e controllare la mente umana. In questo libro e in questa performance Crepet ci invita a riflettere sul rischio di diventare replicanti, incapaci di esercitare il libero arbitrio e sottolinea come solo attraverso il coraggio del pensiero si possa preservare l’autenticità e costruire un futuro libero, creativo e non omologato.
Crepet, come mai oggi il pensiero libero viene messo all'angolo in tutto il mondo?
“Ho scritto questo libro quando Trump era solo un candidato, adesso mi dicono che ad Harvard tira una brutta aria, come in tutta l’America. Io a Harvard ci andai da giovane, ricordo il mio professore. Era straordinario, era un uomo libero che parlava delle cose di cui doveva parlare. È strano che adesso tutto questo sia diventato un motivo di chissà quale raccapriccio, di chissà quale tenzone che vuole tacitare il pensiero altrui. Questo a me fa orrore, ma se alla gente piace così che ci posso fare?”.
Allude alla gente che ha votato The Donald?
“Non solo a chi l'ha votato: va a votare (compresa l'Italia, in cui lo fa il 50% della popolazione quando va bene) la minoranza dell'umanità. C'è tanta gente che pensa, magari dal punto di vista ideologico, di essere diverso, ma l'idea che ognuno abbia diritto di dire quello che vuole dà fastidio, anche perché, come dicevo, alla fine rappresenta solo una parte dell'opinione pubblica”.

A differenza di qualche anno fa, ora la creatività sembra qualcosa di pericoloso?
“Le rock star e comunque le stelle di una certa età, come Bruce Springsteen o De Niro, si ribellano a questo, ma già i cinquantenni di Hollywood stanno zitti perché hanno paura di perdere il lavoro. Robert De Niro no e quindi parla. Anche Richard Gere, che è venuto a Milano l'altro giorno, ha parlato di questo, magari in maniera diversa da De Niro. Meno male che ci sono questi artisti senza paura, perché se fosse per i nostri, andremmo poco lontano. Stanno tutti zitti perché pensano che non si sa mai, poi ti tolgono i soldini dell'aiuto regionale e non fai più teatro, cinema, non fai più un accidente. Io faccio teatro tutti i giorni, quasi tutte le sere e li riempio, ma so che l'80% delle serate degli altro sono a metà. Chi parla per soldi non è libero e quindi ha paura di pensare, perché ogni pensiero può essere interpretato come anti qualcosa. È barbarico pensare che uno si autocensuri, ma è così!”
Quindi oggi secondo lei non c’è più libertà di pensare?
“Putin fa arrestare i ragazzi che fanno delle feste un po' esagerate, con un po' di musica rock e magari le ragazze con le gambe un po' scoperte. Due ragazzi sono stati condannati a un anno e mezzo di galera, perché poi in quelle feste si diceva no alla guerra, perché magari uno a 20 anni non ha voglia di morire sul Donbass. È strano, ma ci sono dei ragazzi che non hanno voglia di morire. Anche i nostri non lo vogliono fare, ma quelli non possono nemmeno parlare e questo comporta qualcosa. Conta poco anche l'aumento delle sanzioni contro Mosca perché comunque bisogna ragionare, perché c'è l'equilibrismo delle democrazie. Quindi di fatto il pensiero è un reato, il corpo del reato sono le parole!”.
Non sarebbe il caso di iniziare a ribellarsi a tutto ciò?
“Certo, sono cresciuto con l'idea che il teatro fosse Beckett, sono cresciuto con l'idea di attori, di grandi uomini o donne strepitose che hanno pagato per le loro idee. Io ho lavorato con Franco Basaglia, che ha pagato, poi quando è morto sono diventati tutti basagliani, ma questa è la parte provinciale della nostra cultura: quando uno è un eretico prima lo bastoni, poi quando muore gli fai l'applauso al funerale, funziona così: è orrendo ma funziona così”.

Per lei la sessualità è solo maschile o femminile?
“I cosiddetti progressisti rincorrono delle diagnosi, ma a me l'appartenenza sessuale non interessa. Mi interessa sapere se uno è un poeta, se uno ha scritto un buon libro, se produce un ottimo miele. Se poi l'apicultore va a letto con un altro apicultore francamente, me ne importa il giusto. È notorio che Michelangelo vivesse la sessualità a modo suo, lo stesso vale per Leonardo. E allora che cambia? Non so. Di sicuro non ci sentiamo rassicurati per il fatto che Raffaello fosse eterosessuale”.
Che ne pensa dell'intelligenza artificiale?
“Se ho il dubbio che qualcuno abbia scritto un libro in cinque minuti con l'intelligenza artificiale, non credo che andrò al libreria a comprarlo. Non so quanto ci voglia scrivere un capolavoro! Prima anni, adesso minuti. Ma, non è un capolavoro! È la fotocopia di qualcosa. Facciamo un esempio, io sono di una certa generazione, per me i Beatles e i Rolling Stones sono stati il massimo! Allora, qual è la più brutta canzone dei Beatles? Non ho alcun dubbio: “"Now And Then”, quella fatta con l'intelligenza artificiale! Ha venduto milioni di copie e il povero John Lennon si sta rovesciando nella tomba! Però l'hanno fatta, hanno osato farla, probabilmente, con l'accordo dei due musicisti rimanenti del gruppo e immagino che Yoko Ono abbia detto di sì! Ma a me quel brano non ha dato nessuna emozione”.
Che ne pensa del futuro prossimo?
“Forse il nostro mondo che diventerà carino! Al ristorante magari arriverà un cameriere robot! Ma io non vado al ristorante per essere servito da un robot! A Tokyo una mezza maratona ha visto la partecipazione di un robot! A me piace un atleta che suda! Mi piaceva Elio Petri, che svenì sul traguardo. Non un robot che tic, tic, tic, tic, tic, l'hai caricato ad andare a 38 chilometri all'ora e ce la fa! Ma che storia è?
Lei sostiene che Sinner è bravo proprio perché ha perso con Alcaraz?
“Certo! Adesso è più maturo. È visibilmente più maturo! Non solo fisicamente. Ha capito cos'è perdere! Se avesse avuto la strafottenza del vincitore, come sono molti che oggi sono in politica, sarebbe stato peggio. Non vinci con Alcatraz se non lo temi! Se lo temi e lo studi, ti inventi qualcosa che viene dal dolore della sconfitta! Sinner è un ragazzo che conosce benissimo questo percorso e quindi è bravo! Non come quei genitori che vogliono sempre che il figlio sia il migliore? E lo costringono a essere diverso da quello che è”.

Beati gli animi semplici allora?
“I grandi hanno avuto genitori semplici! La mamma di Eric Clapton l'ha lasciato quando aveva 16 anni! E l'ha lasciato la nonna! E lui è diventato Eric Clapton! Beh, insomma ... Non basta comprarsi una chitarra elettrica! Nelle difficoltà a volte si cresce. Si cresce parecchio bene! Il peggio dell'umanità è il Marchese del Grillo”.
Eppure è stato celebrato?
“È un iperbole, ma non di genialità! In effetti il Marchese del Grillo era un suddito! Non era libero! Infatti a Parigi per la rivoluzione non c'è andato! Ha detto, ha detto e poi è rimasto a Roma! Non è stato il solo ad avere quell’atteggiamento. È una sorta di selezione darwiniana”.
Che ne pensa della comfort zone?
“Ve la lascio... E vi lascio anche il divano...”.
La voglia di trasgredire degli anni 60 e 70 potrebbe salvare la piattezza imperante?
“A dire il vero non sono mai stato esaltato da quegli anni che hanno voluto anche dire terrorismo ed eroina. Non è che siamo stati impeccabili. Anzi. E, poi non basta appartenere ad una generazione per essere migliori. La generazione immediatamente precedente era molto migliore della mia. Non c'è minimo dubbio”.

In che senso?
“C'erano Mastroianni, Fellini, Monicelli, Antonion. Era la generazione di mio padre, di mia madre più che di mio padre, ed erano strepitosi. C’erano una quantità smodata di geni, poi c'è stata la risacca. Il terrorismo non è stato fatto da geni, ma da delinquenti che non abbiamo avuto il coraggio di chiamare come tali. Qualcuno diceva che erano anche i compagni che sbaglianavano e questo non me lo scordo. Grazie al cielo non mi è mai piaciuto. Non credo che nemmeno chi ha lanciato le molotov sia stato un genio, anzi ne ho conosciuti diversi di idioti come pochi, ma proprio come pochi. Non c'era niente dietro. La rivoluzione che mi ha entusiasmato era Lucio Fontana, altro che le Molotov. Jackson Pollock era un rivoluzionario, non quei quattro deficienti con la P38”.
Luce